La rateizzazione dei contributi previdenziali DM10 concessa dal concessionario della riscossione, Agenzia delle Entrate-Riscossione, esclude la sanzionabilità della condotta.
E’ il principio di diritto sancito dal Tribunale di Milano, sezione Lavoro, con la sentenza n. 3550-2024 del 26 agosto 2024 in relazione ad un giudizio patrocinato dallo Studio Legale Alessi. (CLICCA per leggerla in formato integrale)
Sono annullate le ordinanze-ingiunzioni con le sanzioni notificate dall’Inps all’imprenditore per il mancato pagamento dei contributi Dm 10 se lo stesso ha già avuto concesso, a seguito della notifica della diffida, un piano di ammortamento dei contributi non pagati.
Nuovo orientamento Tribunale di Milano
Il Tribunale di Milano, accogliendo la tesi dello Studio Legale Alessi, ha ritenuto che se il Contribuente-Imprenditore ha ottenuto dall’INPS o dal concessionario della riscossione la rateazione dei contributi previdenziali evasi, non può configurarsi una condotta sanzionabile ai sensi dell’art. 2, comma 1/bis del D.L. 463 del 12 settembre 1983, convertito con modificazioni dalla Legge n. 638 dell’ 11 novembre 1983 e ss.mm.ii. così come modificato dalla novella legislativa di cui all’art. 23 del d.l. n. 48 del 4.05.2023.
Una volta che è stato concesso il pagamento dilazionato, a meno di revoca per inadempimento, l’ente previdenziale non può più notificare al debitore la diffida pretendendo il versamento integrale entro tre mesi e in mancanza infliggere la sanzione: non si può infatti rimettere la scelta all’arbitrio dell’Inps, in spregio dell’affidamento riposto dal privato nel pagamento a tranche.
La Massima
“Devono essere annullate in quanto illegittime le ordinanze ingiunzioni con sanzioni notificate al contribuente dall’Inps dovendosi ritenere che, una volta concessa la rateazione, l’ente previdenziale non possa più notificare una diffida pretendendo il pagamento integrale entro mesi tre e, in mancanza, infliggere la sanzione, mentre, fintantoché la dilazione di pagamento non venga revocata – ad esempio per inadempimento – non può ritenersi ammissibile che sia rimesso all’arbitrio dell’ente ed in spregio all’affidamento del privato, la pretesa del saldo integrale del credito contributivo, pena l’applicazione della sanzione.”
Il Caso
Accolta l’opposizione proposta dal titolare della ditta individuale difeso dall’avvocato Christian Alessi. Sono dichiarate illegittime entrambe le ordinanze-ingiunzioni notificate al contribuente per il mancato pagamento dei contributi previdenziali entro il termine perentorio di tre mesi (una delle due partite risulta già definita grazie alla rottamazione ter). Non risulta contestato in giudizio che la diffida dell’Inps interviene mentre già pende la rateazione del pagamento. Trova ingresso la tesi secondo cui non va applicata la norma che sanziona il mancato pagamento dei contributi entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento sul rilievo che la disposizione deve essere coordinata con la possibilità di ottenere la rateazione.
Buona fede
Il Tribunale di Milano, rivedendo integralmente un orientamento opposto della stessa sezione Lavoro, ha accolto la tesi dello Studio Legale Alessi secondo cui il contribuente, alla notifica dell’accertamento dell’infrazione può scegliere di rateizzare il debito contributivo escludendo quindi la condotta sanzionabile. Al contrario se si dichiarasse legittima l’ordinanza-ingiunzione che sanziona una condotta che a parere di chi scrive (ed anche del Tribunale di Milano) condurrebbe «a un risultato estremamente gravoso per il contribuente il quale, in piena buona fede, si è avvalso della rateazione, senza essere informato della possibilità di subire una sanzione estremamente afflittiva, di gran lunga superiore al credito dilazionato».
Il principio di diritto
La normativa prevede che, qualora venga notificata una diffida al pagamento delle ritenute non versate (come nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Milano), il datore di lavoro può corrispondere il pagamento in unica soluzione entro 90 giorni dalla ricezione o provvedere, entro il medesimo termine, alla rateizzazione del debito con l’ente previdenziale o, se già iscritte a ruolo, con l’agente della riscossione.
Alla pagina 5 della diffida INPS è dato leggere che
“2 – Per importi a debito iscritti a ruolo o richiesti con Avviso di Addebito da versare direttamente agli Agenti della Riscossione, utilizzare una delle seguenti modalità:
– modello RAV in caso di avviso di addebito non scaduto;
– direttamente presso gli sportelli dell ‘Agente della Riscossione;
– bollettino F35 nei casi di pagamenti della sola quota a carico oggetto del presente atto.
Per i dettagli del servizio, consultare i siti degli AdR www.agenziaentrateriscossione.gov.it”
Rinviando alle modalità di pagamento previste dalla legge con il concessionario della riscossione è evidente che il debito, qualora iscritto a ruolo come nel caso de quo, possa essere rateizzato.
E’ quello che è stato fatto dal contribuente difeso dallo Studio Legale Alessi facendo venire meno l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 2, co. 1/bis del d.l. n. 463/1983 e ciò in considerazione che la norma di legge applicata dall’INPS è di diretta derivazione penalistica.
Rimedi e ricorsi
Se ti è stata notificata una ordinanza – ingiunzione devi sapere che potrebbe essere annullata e ciò per vari motivi.
In primo luogo le ritenute richieste potrebbero essere stata già pagate e, quindi, manca il presupposto per l’emissione dell’ordinanza.
In secondo luogo, la sanzione irrogata deve essere motivata e, la laconica motivazione presente nelle ordinanze esaminate da questo studio, determina l’annullabilità della stessa.
Infine, l’ammontare delle sanzioni deve essere ridotto a seguito dei correttivi che di volta in volta dovranno essere esaminati.
Inoltre, devi sapere che l’ordinanza – ingiunzione è rateizzabile.
Se invece, non procedi ad alcun ricorso entro 30 giorni dalla ricezione o non procedi al pagamento, l’INPS iscriverà a ruolo le somme non riscosse e Agenzia delle entrate – Riscossione sarà legittimata a procedere con le azioni di recupero coattive previste dalla legge:
- Fermo Amministrativo
- Ipoteca Legale
- Pignoramento presso terzi
Ovviamente per capire se sussistono i presupposti per impugnare le cartelle di pagamento ed essere sicuri di vincere il ricorso è opportuno effettuare una valutazione ex ante che lo Studio Legale Alessi è capace di fare.
La superiore verifica potrà essere effettuata GRATUITAMENTE contattandoci e ti consiglieremo nel modo migliore quale soluzione prendere e quali ricorsi, eventualmente, proporre.