Organizzare un rave party in Italia non è reato; anzi, il suo svolgimento è garantito dalla Costituzione come manifestazione della libertà dell’individuo. C’è tanto di sentenza della Corte di Cassazione a mettere il sigillo su questo principio, Cassazione intervenuta nel 2017 annullando una condanna decisa dal tribunale di Pisa a carico di un giovane ritenuto per l’appunto di un raduno musicale e non solo. Beninteso: l’assoluzione della Suprema Corte riguarda solo l’atto di organizzare il rave, ma non esime chi vi prende parte da tutta un’altra serie di reati che in genere fanno da corollario a queste manifestazioni. A cominciare dfal fatto che, in regime di pandemia, le norme sanitarie vietano qualunque tipo di assembramento. Come è avvenuto ad esempio in occasione del raduno di questi giorni in provincia di Viterbo.

Sta di fatto che nel 2016 i giudici di Pisa avevano condannato un giovane ritenuto responsabile di «avere organizzato, in concorso con altre persone non identificate, senza alcuna autorizzazione una festa da ballo (cd “rave party”) in luogo pubblico, essendo stato colto al mattino nell’atto di caricare su un furgone, dal medesimo noleggiato, apparecchi audio impiegati per la diffusione sonora». All’imputato era stato contestata la violazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per non aver chiesto a nessuna autorità il via libera per l’happening musicale.

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